Autosegnalazione su Immuni, non sarà troppo tardi?

Mattia Simone
3 min readApr 16, 2021

Pochi giorni fa è uscito un aggiornamento dell’App Immuni, che introduce la possibilità di autosegnalarsi in caso di positività al covid. Questa applicazione sarebbe potuta essere una potentissima arma al fianco dei sistemi di test&trace manuali per prevenire la diffusione del Covid e limitare le zone rosse, durante le ondate di questo autunno-inverno. Invece la storia di questa app è stata molto travagliata, a partire dai politici che mettevano in dubbio il progetto lamentando infondatamente violazioni della privacy, paradossalmente facendolo in diretta sui social media di multinazionali, le quali il rispetto della privacy dei loro utenti non è esattamente una priorità.

Tralasciando tutti questi aspetti che hanno contribuito a generare divisioni anche su questioni sulle quali la classe politica dovrebbe viaggiare compatta, era infatti apparso subito che una delle più grandi problematiche legate a questo strumento per il tracciamento era la gestione del backend, (che potremmo italianizzare in “retrobottega”), ossia tutta la piattaforma digitale nella quale gli operatori delle asl avrebbero dovuto autorizzare l’inserimento di un caso positivo. Si sono infatti visti casi come in Regione Veneto dove i codice dell’App Immuni nemmeno venivano inseriti, esponendo di fatto ad enormi rischi persone che avrebbero potute essere entrate in contatto con positivi e che sarebbe stato possibile avvisare in tempo prevenendo contagi e salvando vite. Se solo lo Stato avesse provveduto a far funzionare l’infrastruttura che aveva promesso di attuare, l’Italia si sarebbe anche potuta evitare qualche chiusura.

Solo da oggi l’App vede finalmente una qualche speranza di essere utile, da pochi giorni infatti inserendo il codice CUN associato a ciascun esito di un tampone e il numero della Tessera Sanitaria è possibile fare un autosegnalazione, senza dover fare telefonate infinite con i call center delle asl, oggi già di per se intasati per la campagna di vaccinazione. Un enorme risparmio di tempo e risorse per lo Stato e per il cittadino.

La domanda che sorge spontanea è ma non si poteva fare prima? Non possiamo dare una risposta con certezza, le scelte politiche in materia di digitalizzazione della sanità degli anni passati hanno permesso che in Italia venissero costruiti ben 21 Fascicoli Sanitari Elettronici, l’uno diverso dall’altro, non predisposti ad essere interoperabili tra loro. Seppur prevista per legge l’interoperabilità tra FSE italiana prima, europea un domani, è molto indietro ancora non è possibile capire a che punto sia l’avanzamento dei lavori e le informazioni pubblicate sul sito https://www.fascicolosanitario.gov.it sono poco accessibili in quest’ambito.

Qual’è il rapporto tra gli FSE e l’App? Possiamo azzardare che il funzionamento basato su un Codice CUN, su scala nazionale rendesse di fatto necessaria l’integrazione dei sistemi di refertazione già connessi (almeno nelle regioni più avanti) agli FSE. Ora però l’App Immuni ha subito una battuta d’arresto già a Ottobre quando si capì che non c’era più nulla da fare e che il tracciamento dei casi era saltato, l’app è stata letteralmente fatta sparire dalla narrativa del governo, togliendone riferimenti in circolari, e DPCM. Di fatto il colpo di grazia finale ad un potentissimo strumento che sarebbe stato senz’altro utile per le riaperture. C’è solo da sperare che la politica ed il governo ascoltino tornando ad insistere sul potenziamento dell’infrastruttura di tracciamento e App Immuni. Il virus non andrà in vacanza quest’estate.

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Mattia Simone
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